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Marco Simoncelli – Il Volume

196 pagine, 61 fotografie, stampato su carta Magno Volume.

Questo viaggio comincia e finisce in Malesia, a Sepang, fra le vaste piantagioni di palme da olio, ad una cinquantina di chilometri dalla capitale, Kuala Lumpur. Perché Marco, seguendo inesorabilmente il suo destino, nel 2011 percorse il suo primo metro in pista sullo stesso asfalto e nello stesso scenario in cui percorse anche l’ultimo: il Sepang International Circuit. Cioè il circuito che, per una clamorosa coincidenza, porta il nome di battaglia che lui si era dato.

Estratto da pagina 30
BENVENUTO IN FAMIGLIA: IL TEST COL PROTOTIPO DELLA RC213V A MOTEGI.
Ottobre 2011.
Il primo segnale concreto del suo nuovo status, Marco lo verificò quando entrò nel box, lunedì mattina, 3 ottobre 2011, e vide che non c’erano gli uomini della sua squadra. Era invece attorniato dal Team Sviluppo della HRC, cioè quel gruppo che sull’abbigliamento non “veste” marchi di sponsor, né colori o livree che non siano quelli della Honda. E così Marco si ritrovò vicino alla Honda come mai era stato prima. Quindi il giorno seguente il Gran Premio del Giappone, Marco Simoncelli visse un’esperienza elitaria, guidando la prima versione della RC213V, cioè la nuova “mille” della Honda.
E fu un grande onore, perché si trattava della Honda del futuro, visto che avrebbe debuttato nel mondiale 2012 – l’anno dell’abbandono delle 800 e del ritorno alle “mille” – ed era così nuova che non l’aveva ancora vista nessuno al di fuori della ristretta cerchia di giapponesi appartenenti alla HRC. Infatti Shinichi Kokubu, il responsabile tecnico della HRC, non voleva nel box persone non giapponesi così ad Aligi Deganello e a Paolo venne chiesto (nel comportamento nipponico “chiedere” significa “ordinare”) di restare non solo fuori dal box ma anche di non affacciarsi oltre il corrimano della postazione dei segnalatori, lungo la pit-lane.
(…)
L’unico componente della squadra di Marco autorizzato a lavorare nel box era stato Tomonori Araki, il tecnico della HRC che seguiva Marco nel campionato del mondo e che svolgeva anche un ruolo di collegamento tra la squadra italiana e il reparto corse di Tokyo. Solamente ventiquattro giorni dopo, Tomonori Araki si presentò accanto a Shuhei Nakamoto nella Chiesa Santa Maria Assunta di Coriano, vestendo giacca e cravatta nere come si impone agli uomini giapponesi quando bisogna esibire il lutto. Erano trascorse appena tre settimane dal giorno in cui, a Motegi, Marco era certo di aver gettato uno sguardo su un futuro che gli appariva luminoso.

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